Diventare grandi

“Diventai grande in un tempo piccolo”. Si apre con queste parole la canzone di Franco Califano intitolata “Un tempo piccolo”, una delle canzoni più profonde che io abbia mai ascoltato. Oltre a suscitarmi un senso di leggerezza e di libertà, il testo, e in maniera particolare questo primo verso, mi ha fatto riflettere su un episodio che ho vissuto di recente e che mi ha molto segnato.
Da qualche settimana ho iniziato la stesura della tesi di laurea triennale. Inizialmente, durante il lavoro di ricerca bibliografica, mi sentivo fortemente elettrizzato all’idea di realizzare il mio primo elaborato universitario e confidavo nell’ottima riuscita del mio lavoro perché ero convinto di aver raggiunto un ottimo livello di conoscenza al termine di tre anni di studio. Infatti, al primo colloquio con la mia relatrice sono andato provando una grande sicurezza, col petto in fuori e la testa alta. Quel mio atteggiamento spavaldo, quasi superbo, si è però presto sgonfiato quando ho dovuto fare i conti con la realtà dei fatti, e cioè che, oltre a quello che avevo appreso negli anni, c’era tanto altro che io ignoravo completamente! Sono bastate infatti poche parole scambiate con la docente per farmi tremare la terra sotto i piedi e per farmi perdere tutte le mie certezze. Diventai piccolo, come piccolo è il tempo della canzone di Califano.
Da quel momento l’insicurezza è tornata a fare capolinea dentro di me, una sensazione che non provavo da tempo. Sono stati giorni molto tristi in quanto ogni parola scritta mi sembrava sbagliata, ogni pensiero era insensato, ogni ragionamento era illogico. Inoltre, i successivi incontri con la professoressa non sono stati come il primo, pieno di coraggio e spavalderia, ma imbarazzanti, a tratti spaventosi. Non riuscivo a mettere insieme due concetti di senso compiuto perché l’incertezza mi portava a balbettare e a non esprimermi come al mio solito. Una tragedia!
Alla fine, però, dopo qualche giorno trascorso in queste condizioni, sono riuscito a tornare in me. Per fortuna non con la stessa superbia di prima. Mi è stato di grande aiuto ricordare quanto ho letto nel libro “Lo zen e la cerimonia del tè”. In quest’opera, infatti, l’autore descrive minuziosamente il rituale che, in Giappone, accompagna la preparazione alla bevuta del tè, tanto da essere considerato una vera e propria cerimonia. Ciò che mi ha colpito di questo rito è che, prima di entrare in quella che viene chiamata “la stanza del tè” e che è adibita solo per questo scopo, si debba passare attraverso una porta di dimensioni ridotte rispetto a quelle normali, costringendo le persone ad abbassarsi per poterla attraversare.
Da questa esperienza ho imparato che è necessario farsi piccoli per essere grandi. Non umiliarsi o raccontare a sé stessi di non valere niente, ma riconoscere i propri limiti e fare di tutto per migliorare, per crescere. Ho capito che, per diventare grande, non devo vantarmi o gonfiare il petto, non devo apparire invincibile agli occhi altrui, perché alla fine i miei limiti verranno fuori e il trucco che ho indossato per nasconderli, prima o poi, colerà. Meglio è invece essere umili, accettare le proprie mancanze e imparare da queste. Ora posso dire, per tornare alla canzone iniziale, di aver compiuto un ulteriore passo verso il mio “diventare grande”. Il tutto, però, in un tempo piccolo.

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