Carissimi,
speriamo che questo tempo di quaresima sia riuscito a farci rallentare il passo. Non è così scontato e nemmeno tanto facile. È difficile frenare l’andatura quando siamo solitamente lanciati ad altre e ad alte velocità. Il Signore in modi imprevedibili, continua, e in maniera delicata e nascosta ci chiama a conversione. Non lo fa solo nella liturgia in modo esplicito. Forse l’invito che riceviamo attraverso la Parola non riesce più a pizzicarci come dovrebbe perché l’abitudine o le paure ci rendono sordi alle parole più sane e più vere che ci arrivano.
La conversione non è una pretesa di Dio, ma semplicemente una preghiera che Lui fa a noi. Il Signore non avverte l’esigenza di stabilire i ruoli e di attestare che è Lui che comanda e che noi dobbiamo stare sottomessi alla sua volontà. Questa è un’immagine distorta e assurda di Dio. Attraverso questa immagine siamo portati a pensare che faccia più male il Padre che il peccato. L’invito alla conversione è come una raccomandazione materna-paterna che ha a cuore la nostra vita e che sa di non poter forzare più di tanto e che ha bisogno di avere una pazienza inesauribile. E se il figlio fa un cenno per tornare sui suoi passi il padre e la madre non lo castigano per tutti i passi sbagliati, ma si rallegrano per quel piccolo passettino fatto verso il bene. Nessun padre è contro suo figlio. Combatte la sua rovina, quella che molte volte il figlio, nella sua prospettiva, meno esperta, non vede.
Possa davvero arrivarci al cuore questo invito come quello di un Padre che ci tiene a vederci pienamente compiuti e non come chi vuole imbrigliare la nostra vita e soffocarla con la sua onnipotenza.
Il contenuto di questa conversione non è solamente circoscritto nel nostro ritrovare il tempo per dare spazio alla preghiera, alla Parola di Dio, alla confessione e all’eucarestia, a una buona lettura che può aiutarci a riflettere e a scoprire il giusto posto che ha il Signore e il valore immenso che ha la nostra vita, valore che spesso viene annebbiato tra le tante cose a cui diamo un’importanza spropositata ed eccessiva.
Non siamo chiamati solo a ritornare a Dio, siamo chiamati anche a cercare i fratelli. La nostra vita la svolgiamo in un contesto affollato, ma c’è il rischio di non andare verso nessuno. Le nostre corse spesso hanno una direzione completamente diversa rispetto a quella che dovrebbero avere se volessimo andare incontro a qualcuno. A volte ci svegliamo quando vediamo che anche le corse degli altri vanno dappertutto e non vengono verso di noi. Ma questo è lo stile di tutti. Anche il nostro.
Mi piace tantissimo quella parola di Giuseppe, il figlio di Giacobbe, il quale viene mandato dal padre a cercare i suoi fratelli che si trovavano al pascolo. E lui, mentre andava, incontra un uomo che gli chiede: “Che cosa cerchi?” e Giuseppe risponde: “Sono in cerca dei miei fratelli”. La trovo meravigliosa questa risposta. È ciò che dobbiamo urgentemente riprendere a cercare. La conversione ha questo come contenuto, altrettanto essenziale, e deciso in questo tempo forte. Del resto Gesù è proprio questo Giuseppe che, rifiutato, venduto, rinnegato…, viene a cercare i suoi fratelli. Se la nostra penitenza quaresimale non si fa carico di tutto il dolore per i fratelli che abbiamo perso non sarà Pasqua.

Il Signore vi benedica

p. Emanuele, p. Francesco e p. Amedeo

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